
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) in età adulta sono presenti probabilmente da sempre, ma solo negli ultimi decenni si sta dedicando maggiore attenzione a questo fenomeno (Montesano, 2020). In generale, i DSA hanno ricevuto maggiore interesse con l’entrata in vigore della legge 170\2010 , che ha favorito la diffusione di una maggiore conoscenza e sensibilità su questo tema in tutta la popolazione scolastica, coinvolgendo famiglie, scuole ed anche servizi sanitari, soprattutto quelli che si occupano di età evolutiva.
La legge in questione tutela gli studenti di ogni ordine e grado che presentano DSA e riconosce loro il diritto all’apprendimento consentendo l’utilizzo di strumenti compensativi e misure dispensative per lo studio. Tra i destinatari rientrano quindi anche studenti universitari. La norma garantisce loro servizi «che pongano in essere tutte le azioni necessarie a garantire l’accoglienza, il tutorato la mediazione con l’organizzazione didattica e il monitoraggio dell’efficacia delle prassi adottate». Gli atenei pertanto devono garantire questi servizi a chi presenti un’idonea diagnosi clinica di studente con DSA e devono erogare strumenti compensativi e misure dispensative sia per i test di ammissione sia per gli esami universitari (Legge n. 170/2010, art. 5, comma 4). In questo contesto sociale e culturale, la richiesta di certificazioni e approfondimenti clinici per l’università è andata dunque in crescendo, di pari passo con la crescita di consapevolezza da parte degli studenti circa le proprie difficoltà scolastiche (Ghidoni e colleghi, 2015).
Uno studio di Sannipoli (2018) mostra come i giovani adulti privi di una diagnosi di DSA e che non hanno avuto la possibilità di comprendere ed elaborare le difficoltà scolastiche incontrate sino all’università, tendono a negare queste difficoltà e vivono la nuova esperienza accademica come un’occasione per ripartire da zero, convincendosi che quei disturbi legati all’apprendimento possano essere taciuti. Il desiderio di ricominciare, di sperimentarsi da capo influisce inoltre anche sulle scelte professionali perché spesso si scelgono percorsi (universitari o lavorativi) che meglio nascondono queste difficoltà, quindi viene messo da parte il desiderio autentico e la motivazione intrinseca rispetto al proprio futuro.
Fondamentale quindi una rivalutazione degli apprendimenti all’inizio del percorso universitario, oppure una prima valutazione per conoscere i propri punti di forza e debolezza, per accedere all’utilizzo di strumenti compensativi e dispensativi attraverso i quali gestire le proprie carenze. Attraverso una diagnosi di DSA è possibile affrontare l’Università nel miglior modo possibile e concludere con successo il percorso di studio.
I giovani adulti con DSA che arrivano all’università senza diagnosi sono però persone che hanno reagito alle difficoltà scolastiche dovute ai DSA e ai vissuti scolastici con grande abilità, per questo sono riusciti a superare con successo le scuole superiori.

Questi studenti hanno saputo usare delle strategie compensatorie in grado di raggirare le mancanze cognitive grazie a fattori personali, come una forte motivazione allo studio, una buona capacità di resilienza, la costruzione di un sé positivo e in generale da un atteggiamento positivo di fronte alla vita. Oltre a questi fattori personali, anche il contesto relazionale che si sviluppa intorno allo studente può favorire l’utilizzo di spontanee strategie cognitive, come per esempio un buon supporto familiare e una buona relazione con gli insegnanti (Cornoldi e colleghi 2019).
Le strategie compensatorie accompagnano lo studente durante la scuola primaria e secondaria ma sono comunque destinate ad affievolirsi e a perdere di efficacia perché i DSA perdurano nel tempo a causa della loro natura neurobiologica (ISS, 2011) ed essi riemergono quando le capacità dell’individuo sono insufficienti di fronte alle richieste scolastiche divenute più complesse. Poichè i DSA hanno carattere evolutivo, continuano a caratterizzare studenti in età adulta interferendo in modo importante sui risultati universitari ed anche lavorativi (Angelini e colleghi, 2017).
Altrettanto fondamentale un approfondimento emotivo e metacognitivo che consentono di comprendere quale metodo di studio è migliore per sè , considerando i propri vissuti e le proprie strategie di studio messe in atto sino ad allora.
Non è tardi e non è inutile pensare ai DSA per i giovani adulti, un percorso di valutazione può aiutare la persona a meglio comprendere le precedenti esperienze scolastiche e i vissuti di inadeguatezza che ha potuto sperimentare nel corso della carriera scolastica, nel caso avesse avuto disturbi specifici degli apprendimenti mai riconosciuti in passato.
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