I capricci da 0 a 3 anni

capricci

Se cerchiamo la definizione di capriccio, troviamo qualcosa che ha a che fare con una voglia improvvisa e bizzarra dei bambini oppure qualcosa legato ad un piagnucolio fasullo per attirare l’attenzione (https://it.wiktionary.org). Nella pratica quotidiana del vivere insieme ai bambini, colleghiamo molto facilmente il capriccio a comportamenti estremi tenuti dai bambini volti all’ottenimento di qualcosa. Spesso diventa difficile spiegare i “no” che diamo a richieste e spropositate le reazioni dei bimbi, che ci possono mettere a disagio in luoghi pubblici o possono sfinirci tra le mura domestiche, spesso convincendoci ad assecondare le loro richieste.

Che cosa è un capriccio o cosa non lo è, lo definiscono gli adulti. È compito dell’adulto discriminare tra un bisogno e un capriccio, semplicemente perché un bambino, soprattutto se è piccolo, non lo può sapere: egli si vive il capriccio, cercando di comunicare qualcosa.

Il compito di interpretazione degli adulti, che decide che cosa è un capriccio e cosa no, è spontaneo e naturale da parte dei genitori, sin dalla nascita del figlio. A partire dalla nascita, il bambino inizia un percorso di crescita anche psicologica: imparerà a sentirsi come una persona a sé, separata dalla mamma; costruirà i propri confini nel tempo e tramite le interazioni con gli altri e il mondo. I genitori guidano i bambini lungo questa presa di coscienza della propria persona, lo aiutano a comprendere che cosa fa parte di sé e cosa no; quali sono i suoi bisogni, i suoi pensieri; i suoi stati d’animo; etc…perché da piccolo il bambino non lo sa fare da solo. Essere una guida per i bambini lo si fa tutti i giorni, ad esempio quando il bimbo ha fame, oppure è scomodo, o anche, vuol esser preso in braccio, il bambino piange. L’adulto poi risponde al pianto e prova a dargli un interpretazione: avrà fame? Avrà sonno? Avrà mal di pancia?”. Attraverso la comunicazione, verbale ma anche fisica, il bambino capirà dal genitore che cosa sta succedendo dentro di sè.

L’interpretazione dei genitori ed è il compito principale di bambini di questa fascia d’età, ed avviene quindi su più livelli: da una parte il bimbo richiede un interpretazione circa i suoi bisogni concreti (fame, mal di pancia, sonno, caldo, freddo…), dall’altra richiede l’interpretazione delle esperienze che vive: le nostre reazioni ai suoi comportamenti funzionano da specchio e gli consentono di comprendere quello che lui sta vivendo. Per esempio se il bimbo cade mentre fa i primi passi, aspetterà la nostra reazione per capire se è successo qualcosa di brutto o no. In questo esempio, se incoraggiamo il bimbo a riprovarci e gli offriamo delle strategie per tirarsi su, sarà più tranquillo nel viversi questa esperienza dei primi passi rispetto a quando ci spaventiamo di fronte alla sua caduta e cerchiamo di consolarlo e di proteggerlo, poiché capirà di essere stato in pericolo.capriccio

Cosa ha a che fare questo con i capricci? Il compito di guida, la funzione di specchio che hanno i genitori, riguarda anche la sfera emotiva. Dobbiamo tenere a mente che anche per le emozioni e la loro gestione, i bambini hanno bisogno di un aiuto dai grandi: si passa da una fase in cui il bimbo vive le emozioni, ma ne è sopraffatto perchè non è capace di comprenderle e quindi di gestirle, regolarle. Il compito dei genitori è quindi quello di renderle più comprensibili ai bambini e di insegnar loro a regolarle: si cerca di calmarlo e consolarlo quando piange disperato, si prende in braccio dalla culla e si cerca di rassicuralo in qualche modo, così come quando è felice e sorride si cerca di farlo star bene sempre di più (spesso quando un gioco lo fa ridere, lo ripetiamo tante volte). La regolazione autonoma delle emozioni, così come la consapevolezza di sé, avviene intorno ai 2 anni.

È quindi opportuno chiederci nei momenti difficili dei capricci, perché sta succedendo e che bisogno si nasconde dietro il capriccio di un bimbo così piccolo. E’ importante cercare di spiegare cosa succede in quel momento senza sminuire lo stato emotivo del bimbo, ma accogliendolo, mentre è bene rimanere stabili nella scelta di non assecondarlo. Questo significa consolare il suo pianto, abbracciarlo e provare a capire il suo stato d’animo, dicendoglielo, ma al tempo stesso non assecondare la sua richiesta se considerata capriccio e non bisogno e spiegargli il perché.

In questo modo, il suo disagio sarà accolto e consolandolo avrà modo di superarlo, inoltre il bambino avrà una visione più chiara della situazione e di cosa sta accadendo. Tutte queste esperienze gli consentiranno di crescere e di saper affrontare autonomamente il capricci-nosuo vissuto, emotivo e psicologico. Fondamentale in tutto questo processo è una forte sincronia, complicità tra i genitori che insieme dovranno decidere quando assecondare il bimbo e quando no. Spesso, un mancato accordo tra i genitori invia messaggi contrastanti al figlio che rimarrà confuso e frastornato dalla situazione e non potrà capire cosa succede in lui e fuori da lui.

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Pubblicato da PsicoStudioblog

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